Non era il 25 aprile del ’45, ma quando penso a cosa possa significare la fine della guerra per chi l’ha vissuta, l’immagine é questa: un bambino sul greto di un fiume, circondato dalle macerie del suo paese distrutto; a poca distanza, alcune donne che lavano i panni, cantando. All’improvviso una di loro, la madre del bambino, si ferma, si alza e guarda lontano, verso una sagoma che si avvicina lentamente. Poi un urlo di gioia e una corsa sfrenata tra le braccia del suo uomo, finalmente tornato a casa, salvo. Il bambino fissa la scena immobile, l’emozione lo paralizza: ha più di dieci anni e vede suo padre per la prima volta, gli ci vorranno anni per riuscire a manifestargli il suo affetto, ma questo ancora non lo sa. Quel bambino era mio padre, che mille volte mi ha raccontato quel momento e ogni volta con lo sguardo lucido di un uomo a cui é stata rubata l’infanzia.